Tutti pensavano che, con le Elezioni, il tempo si fosse fermato. Nell'aria rarefatta dello stallo e del dialogo impossibile tra Partito Democratico, PDL e Movimento 5 stelle, negli ultimi giorni sembrava che il tempo si fosse fermato e che tutti, ma proprio tutti, se ne stessero col fiato sospeso, aspettando il prossimo tweet del Beppe nazionale, o la prossima intervista dalemiana, veltroniana o renziana.
Ma ci sono cose che, seppur sospese (più o meno) durante il periodo elettorale, poi devono ricominciare. O comunque, se anche non devono, tuttavia ricominciano.
I processi (anche se qualcuno si stupisce) rientrano in quest'ultima categoria. E così, uno dopo l'altro, vanno a "scadenza" i numerosi procedimenti a carico dell'ex presidente del consiglio Silvio Berlusconi.
Fin qui, niente di strano. Se non che....
Se non che il povero Silvio si ammala, viene ricoverato, comincia a mandare certificati medici di giustificazione, che a qualcuno sono sembrati simili ai rocamboleschi quaderni mangiati dal cagnolino di casa di scolaresca memoria. Uveite.
Se non che la Boccassini si fa girare i cabbasisi, chiede la visita medica fiscale.
Se non che, come spesso accade in Italia, tot capita tot sententia: ed un tribunale riconosce il "legittimo impedimento", un altro tribunale NON riconosce il "legittimo impedimento", un tribunale .... boh, forse, vediamo.
Bene. La farsa è chiara e farebbe anche sorridere.
Ma mentre noi, qui, nel comune mondo mortale, sorridiamo, succede che Alfano (non uno scalzacane qualsiasi) e numerosi deputati del PDL inscenano una manifestazione davanti al palazzo di giustizia e milanese contro i giudici e tentano di "occupare" gli uffici normalmente occupati dalle toghe, rosse o nere che siano.
Chi non se la ride affatto è il nostro povero Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano che in sette anni ne ha viste tante, ma come questa proprio no.
E, diciamolo, una cosa come questa non si può nè vedere, nè sentire. Che poi questi sciagurati (per chiarezza, mi riferisco ai deputati del PDL; lo so che il termine va bene per tutti i protagonisti della vicenda...) hanno pure avuto la bella idea di tirarlo direttamente in ballo, chiedendogli di essere ricevuti.
Ora Giorgio aveva due strade. Procrastinare o addirittura negare l'incontro (e ne avrebbe pure avuto ben d'onde, con i grattacapi che si ritrova addosso), oppure sentirli e, quindi, parlare.
Giorgio ha scelto la seconda strada. Ha incontrato sia il PDL, sia il CSM.
E poi il nostro Presidente ha parlato.
Dopo aver incontrato Alfano, il Colle stacca un primo comunicato:
Traduciamo: Fate schifo! Come cavolo vi è venuta in mente una bestemmia di questa natura. Vedete di darvi una calmata. Immediatamente.Il Presidente della Repubblica ha espresso il suo vivo rammarico per il riaccendersi di tensioni e contrapposizioni tra politica e giustizia. Rammarico, in particolare, per quanto è accaduto ieri ed è sfociato in una manifestazione politica senza precedenti all'interno del palazzo di giustizia di Milano.Il Capo dello Stato, nel fare appello a un comune e generale senso di responsabilità perché non appaia messa in questione né la libertà di espressione di ogni dissenso né l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, ha auspicato un immediato cambiamento del clima venutosi a creare; e si è riservato di sviluppare più ampiamente in un prossimo intervento le sue valutazioni.
La strigliata ci stava tutta. Ed il comunicato, con la riserva di intervenire più in là, sembrava quasi chiudersi con una velata minaccia-avvertimento: "Non continuate, non mi costringete, altrimenti vi ci mando tutti quanti..."
Ma qualcosa in questa moral suasion non deve aver funzionato. Ed infatti Giorgio, di lì a poco, ha sentito la necessità di tornare a parlare, in due distinti documenti, subito dopo l'incontro con il CSM.
Non è da prendersi nemmeno in considerazione l'aberrante ipotesi di manovre tendenti a mettere fuori giuoco - "per via giudiziaria" come con inammissibile sospetto si tende ad affermare - uno dei protagonisti del confronto democratico e parlamentare nazionale.Rivolgo perciò con grande forza un appello al rispetto effettivo del ruolo e della dignità tanto della magistratura quanto delle istituzioni politiche e delle forze che le rappresentano. Un appello, che volentieri raccolgo dalle parole oggi pronunciate da autorevoli giuristi, affinché in occasione dei processi si manifesti da ogni parte "freddezza ed equilibrio" e affinché da tutte le parti in conflitto - in particolare quelle politiche, titolari di grandi responsabilità nell'ordinamento democratico - si osservi quel senso del limite e della misura, il cui venir meno esporrebbe la Repubblica a gravi incognite e rischi.
C'è bisogno di commentare? Fatto il dovuto preambolo storico qui omesso (riassumibile con: caro PDL, io ve l'avevo detto che dovevate fare una riforma della giustizia seria. Non l'avete voluta fare , ora non rompetemi le scatole), Napolitano lo dice chiaro: fermo restando che tutti si devono dare una calmata, il sospetto di una persecuzione giudiziaria è "inammissibile" ed i politici non devono superare (come hanno fatto a Milano) il senso del limite e della misura.
Che il Presidente della Repubblica debba intervenire a tirare le orecchie a destra e a manca a scolaretti incompetenti ed impertinenti che, tuttavia, si pregiano del titolo di onorevole, fa veramente tanta, ma tanta tristezza.
Che questo compito amaro tocchi ad una persona che è giunta alla fine della propria carriera politica, sempre onorevole ed "istituzionale" pare un torto ed una cattiveria inammissibile.
Ma caro Giorgio, si sa, il peggio viene alla fine. Tu pensavi di poter concludere il tuo mandato in santa pace. Volevi dimetterti prima delle elezioni per non dover nominare il nuovo Presidente del Consiglio, e il Governo è riuscito a cadere prima per impedirtelo. Tu speravi che le elezioni le vincesse il PD e che il resto fosse una passeggiata di salute, ed il PD è riuscito a perdere e a metterci tutti in questa situazione "colore cioccolato".
Resisti Giorgio, resisti nonostante loro, resisti nonostante noi. Qualcuno te ne renderà merito.
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