Una nuova puntata dell'infinita storia dei servizi pubblici locali. In un precedente articolo mi ero soffermato sull'articolo 4 del Dl 95/2012 (la Spending Review) che - potenza dei paradossi legislativi - impediva di affidare, in regime di in house providing, la gestione dei servizi pubblici locali, nonostante la recente pronuncia della Corte Costituzionale che invece si era pronunciata nel senso della necessaria ammissibilità di questo modello (Sentenza 199/2012).
Bene. Ora il legislatore, pur se quasi esanime e con un piede sull'uscio delle elezioni, ha approvato, con questione di fiducia, la legge di conversione del del Decreto Crescita 2.0, anche detto Decreto Sviluppo Bis (fuor di metafora il DL 179/2012). Il nuovo testo, non ancora pubblicato in gazzetta, all'articolo 34, comma 27, recita:
all'articolo 34, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, le parole: "e a condizione che il valore economico del servizio o dei beni oggetto dell'affidamento sia complessivamente pari o inferiore a 200.000 euro annui", sono soppresse
Di rimando, il famigerato comma 8 suonerà, dopo l'entrata in vigore, così:
A decorrere dal 1° gennaio 2014 l'affidamento diretto puo' avvenire solo a favore di societa' a capitale interamente pubblico, nel rispetto dei requisiti richiesti dalla normativa e dalla giurisprudenza comunitaria per la gestione in housee a condizione che il valore economico del servizio o dei beni oggetto dell'affidamento sia complessivamente pari o inferiore a 200.000 euro annui. Sono fatti salvi gli affidamenti in essere fino alla scadenza naturale e comunque fino al ((31 dicembre 2014)). [...]
La conseguenza è immediata: il testo che impediva impediva gli affidamenti in house, nel giro di un emendamento, diventa la consacrazione quasi sovrabbondante della possibilità di farvi ricorso liberamente...
Ben inteso, affidamenti che restano riservati ai soli servizi di "interesse generale". Per tutti gli altri, in attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale sul complessivo articolo 3 della Spending Review (pronunciamento che, dopo questa modifica, potrebbe non essere più troppo scontato), continuerà a sussistere l'obbligo di dismissione o liquidazione.
A margine, sovviene una considerazione: che questo emendamento "salva in house" sia uno dei sintomi dell'inesorabile allontanamento dall'agenda "Monti" ?
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